sabato 30 aprile 2011

1° MAGGIO: BEATITUDINI



Beati i lavoratori in nero nei cantieri illegali che cadono dalle impalcature e si fracassano a terra

Beati i loro figli rimasti soli e sante le loro mogli che non avranno aiuto perché trasparenti allo Stato

Beati i suicidi ammazzati dalla precarietà, santi quelli che si sono dati fuoco davanti ai Comuni chiedendo dignità



Beati i rifiutati, sporchi, puzzolenti, con le croste, pieni di parassiti che ospiti di condotti fognari e catacombe buie, scappano dal riconoscimento

Beati i bambini mandati a lavare parabrezza ai semafori, sputati e insultati dalle sardine nelle scatole di metallo incolonnate

Beati i disperati in mare che se non diventano cibo per pescecani, lo saranno per i criminali sulla terraferma

Beati i disoccupati senza più futuro perché di loro non è il Regno dei Cieli

Beati i giovani pieni di sostanze e buchi sulla pelle, ammalati di vita morta donata da chi gliel'ha presa quand'era ancora viva

Beati i Rom che neppure una chiesa li ha voluti ospitare per dormire

Beati i pazzi completi che in quest'epoca di bugie e di satanassi si ostinano ad usare ancora la parola contro

Beate le donne picchiate, stuprate, torturate, ferite, sfregiate da quel maschio che sulla croce non c'è mai stato e mai ci sarà

Beati gli omosessuali e le lesbiche sprangati, presi a pugni, bastonati, uccisi da quelli che il giorno dopo si battono poi il petto davanti ai tabernacoli perché hanno difeso l'onor di Dio e della divina natura

Beati i lupi che conoscono così tanto bene i mannari umani

Beati tutti i nostri vecchi che non possono mangiare più se non per elemosine e scarti buttati nei mercati rionali

Beati i malati terminali ai quali è negata una fine dignitosa e se lottano per ottenerla non avranno funerale religioso perché il paradiso è dei preti in salute

Beate tutte le vittime della pedofilia clericale, Sante le loro ferite ed ogni lacrima versata nelle notti d'incubi durante le quali nessuna Madonna appare e Padre Pio se ne fotte

Beati i profughi scappati per persecuzione dal loro Paese e accolti dall'angheria e ira di maledetti razzisti ai poteri

Beati i torturati nelle galere, i morti per percosse nelle celle, gli impiccati alle sbarre i soffocati in isolamento

Beati i padri e le madri preoccupati più che mai per il loro lavoro ridotto a schavitù da mostri famelici senza cuore e ragione, Santi sono gli operai disconosciuti come esseri umani, messi alle catene, ricattati, minacciati, venduti al peggior offerente, rassegnati e vilipesi

Beati coloro che non si arrendono e a mani nude e viso scoperto lottano contro le polizie di questi regimi infami, Santi gli studenti con le teste spaccate dai manganelli, fratturati dai calci e Santi i morti nelle manifestazioni

Beati gli ammazzati dalla mafia, giudici e agenti, gente semplice e testimoni, figli di pentiti scipito nell'acido, Santi i rapiti e mai più tornati, Santo il sangue loro e le urine rilasciare per terrore, immobilizzazioni e grotte buie

Santi gli accusati ingiustamente che non avranno processo liberatorio perché poveri

Beati i timidi e gli indifesi, i ridotti al silenzio, gli anoressici, gli ubriachi

Beati coloro che piangono e non riescono più a smettere guardando la pistola carica accanto

Beati coloro che scioperano per tutti gli altri che non possono o non vogliono più farlo

Beati coloro che aprono gli occhi e non si fanno intimorire dall'oppio dei popoli

Beati coloro che dubitano sempre e mai hanno certezza

Beati quelli che hanno paura in quest'era di terrore

Beato chi non ruba, non trucca appalti, non corrompe, non pratica falsa testimonianza e non insulta

Beati tutti gli umili perché di loro non è il Governo

Beati coloro che contano i centesimi per comprarsi il pane

Beati i sacerdoti che combattono il ministero politico

Beati i preti che prendono voce contro la camorra

Beati pochi sindacalisti puliti che non si sono venduti ai servi dell'imperatore

Beata la classe operaia

Santi tutti gli agnelli sgozzati a Pasqua

Beati gli animali usati in vivisezione

Beati coloro che si vestono di stracci

Beati i possessori di memoria storica

Santi i partigiani che ci hanno liberati



Santi mondine e minatori, filandere e tessitori, spaccapietre e muratori

Beati i mezzadri

Beati i martiri di portella delle Ginestra

Beate le operaie alla Cotton l'otto marzo

Beati i martiri dei petrolchimici

Santi i morti d'asbestosi

Beati gli avvelenati di Terzigno e di tutte le altre discariche nel napoletano

Beati coloro che realizzano ancora il 1° maggio come festa dei lavoratori e non del Vaticano.



Lucio Galluzzi

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venerdì 29 aprile 2011

WOJTYLA: SANTO DUBITO!



Il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, dirama la notizia che l'invocazione della folla "santo subito" il giorno dei funerali di Giovanno Paolo II, è stata accolta.

Era il 14 gennaio 2011.

A tempo record tra poche ore, il Soglio Pontificio, scegliendo di occultare la festa dei lavoratori, beatificherà Karol Wojtyla.

Ratzinger non ha mai voluto perdere tempo su questo fronte.

Il 18 maggio 2005, un mese e mezzo dopo la morte di Wojtyla, il card. Camillo Ruini, vicario per la diocesi di Roma, ufficializza l'editto e invita i fedeli a "comunicare tutte quelle notizie dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità del servo di Dio".

Il 28 giugno 2005 viene avviata, sempre a Roma, l'inchiesta diocesana "sulla vita, le virtù, la fama di santità di papa Wojtyla".



Subito dopo, a Cracovia e New York, vengono aperti altri altri due processi per la raccolta di documenti e testimonianze per la Causa.

La raccolta, l'analisi e le verifiche delle prove testimoniali si svolge in meno di due anni e il 13 maggio 2009 si riunisce per la prima volta, presso la Congregazione per le Cause dei Santi, la consulta degli otto perito teologi chiamati ad esaminare tutte le testimonianze e gli atti del processo.

Tempi record da miracolo!

Il processo di beatificazione ascolta 114 persone in tutto: 35 cardinali, 20 tra arcivescovi e vescovi, 11 sacerdoti, 5 religiosi, 3 suore. 36 laici cattolici, 3 non cattolici e un ebreo.

A volerla raccontare con manica larga, Giovanni Paolo II diventa santo a furor di quattro del popolo, gli unici, forse, estranei alla Chiesa.

Dall'interno della Santa Sede molte sono state, e sono, le voci critiche sulla beatificazione del papa polacco. Alcuni personaggi chiave del pontificato di Wojtyla colpiscono per i loro interventi e dichiarazioni in merito alla beatificazione, avanzando il sospetto di "verità scomode", che, come è costume Vaticano, per ragioni di opportunità diplomatiche, vengono tenute nell'ombra e taciute.

Angelo Sodano, per esempio, per più di dieci anni segretario di Stato e vicinissimo a Wojtyla [di fatto il vero ministro degli Esteri del Vaticano] non è mai stato interrogato dai giudici del Tribunale Canonico per la beatificazione; nel giugno 2008, Sodano, in una lettera riservata che poi decide di dare alla stampa, precisa: "non nutro particolari riserve sulla santità del pontefice, ma dubito sull'opportunità di dare la precedenza a tale causa scavalcando quelle già in corso".

Altri dubbi sui tempi e le modalità di svolgimento del processo arrivano dal cardinale Godfried Danneels, primate del Belgio: "Questo processo sta procedendo troppo in fretta. E' inaccettabile che si possa diventare beati o santi per acclamazione. Il processo si deve prendere tutto il tempo che serve senza fare eccezioni".

La beatificazione di Wojtyla ha scavalcato quella di Giovanni XXIII, il papa delle riforme e del Concilio Vaticano II, considerato praticamente nulla dal papa polacco; è corsa davanti alla canonizzazione di Paolo VI e di Padre Pio.



L'ex arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, protestava per l'eccessiva esposizione mediatica di Woytjla e per gli inarrestabili viaggi solo quasi all'estero che mortificavano le chiese locali.

Il teologo e padre conciliare Giovanni Franzoni che avrebbe dovuto rappresentare i dubbi sollevati contro la beatificazione viene ascoltato dal Tribunale Canonico solo nel 2007, rilascia la sua dichiarazione giurata il 7 marzo dello stesso anno; ma già nel 2005, Franzoni, anima ed è uno dei firmatari di un "appello alla chiarezza" sulla "beatificazione subito" del papa polacco.

Insieme a Franzoni, hanno firmato il manifesto altri tredici esponenti del dissenso cattolico, fra teologi e scrittori. Oltre a Franzoni e all’ex docente salesiano Giulio Girardi, tra i firmatari figurano: Jaume Botey, Casimir Marti e Ramon Maria Nogues (Barcellona), Jose Maria Castillo (San Salvador), Rosa Cursach (Palma de Mallorca), Casiano Floristan (Salamanca), Filippo Gentiloni (collaboratore de il manifesto) e Jose Ramos Regidor (Roma), Martha Heizer (Innsbruck), Juan Jose Tamayo (Madrid), Adriana Valerio (Napoli).

L' "Appello alla Chiarezza" consta di sette punti:


1° - La repressione e l’emarginazione esercitate su teologi, teologhe, religiose e religiosi, mediante interventi autoritari della Congregazione per la dottrina della fede.


2° - La tenace opposizione a riconsiderare – alla luce dell’Evangelo, delle scienze e della storia – alcune normative di etica sessuale che, durante un pontificato di oltre 26 anni, hanno manifestato tutta la loro contraddittorietà, limitatezza e insostenibilità.


3° - La dura riconferma della disciplina del celibato ecclesiastico obbligatorio nella Chiesa latina, ignorando il diffondersi del concubinato fra il clero di molte regioni e celando, fino a che non è esplosa pubblicamente, la devastante piaga dell’abuso di ecclesiastici su minori.


4° - Il mancato controllo su manovre torbide compiute in campo finanziario da istituzioni della Santa Sede, e l’impedimento a che le Autorità italiane potessero fare piena luce sulle oscure implicazioni dell’Istituto per le opere di Religione (Ior, la banca vaticana) con il crack del Banco Ambrosiano.


5° - La riaffermata indisponibilità del pontefice, e della Curia da lui guidata, ad aprire un serio e reale dibattito sulla condizione della donna nella Chiesa cattolica romana.


6° - Il rinvio continuo dell’attuazione dei princìpi di collegialità nel governo della Chiesa romana, pur così solennemente enunciati dal Concilio Vaticano II.


7° - L’isolamento ecclesiale e fattuale in cui la diplomazia pontificia e la Santa Sede hanno tenuto mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, e l’improvvida politica di debolezza verso governi – dal Salvador all’Argentina, dal Guatemala al Cile – che in America latina hanno perseguitato, emarginato e fatto morire laici, uomini e donne, religiose e religiosi, sacerdoti e vescovi che coraggiosamente denunciavano le «strutture di peccato» dei regimi politici dominanti e dei poteri economici loro alleati.


Il pontificato di Giovanni Paolo II – sottolinea il teologo Franzoni – è costellato di decisioni sue, o di organi ufficiali della curia romana (in particolare della Congregazione per la dottrina della fede), che hanno in vario modo punito la libertà di ricerca teologica. I religiosi non in linea sono stati richiamati all’ordine o allontanati.

I provvedimenti punitivi non hanno dato agli imputati il modo di difendersi adeguatamente.

Wojtyla non volle mai ricevere pubblicamente in udienza i “dissenzienti” aggiunge Franzoni. Quale che sia stato l’intimo convincimento della persona Wojtyla, è un fatto che le scelte del papa hanno mostrato alla Chiesa un comportamento che indicava come nemici ”quanti e quante avessero opinioni teologiche diverse dalle sue.


"Il caso di Oscar Arnulfo Romero, vescovo di San Salvador, e sicuramente la punta dell’iceberg di una politica vaticana molto dura nei confronti di teologi e religiosi fortemente impegnati in cause sociali, specie in Sudamerica. Romero, che beato non lo è ancora diventato a causa del pollice verso di parecchi cardinali, continua a essere inviso alle alte gerarchie vaticane pure da morto"


E' sufficiente ricordare il caso del vescovo brasiliano Pedro Casaldaliga, redarguito dalla Santa sede nel 1983 per il solo fatto di avere esposto il ritratto del vescovo di San Salvador all’ingresso della sua chiesa a Sao Felix do Araguaia, in Brasile. La causa a carico di Casaldaliga fu intentata dalla Congregazione per la dottrina della fede, al vertice della quale sedeva all’epoca l’attuale successore di Wojtyla, cardinale Joseph Ratzinger.

Tutto si tiene, in una forte continuità


In oltre venticinque anni di pontificato Giovanni Paolo II ha mostrato ostilità nei confronti di numerosi religiosi, preti, vescovi che, ispirandosi principalmente alla Teologia della liberazione, vedevano nella fede cristiana una via d’uscita dall’oppressione. Una teologia rispetto alla quale all’inizio lo stesso Romero riteneva di non essere in sintonia, e della quale poi fini per incarnarne in modo esemplare lo spirito. Nessun vescovo dell’America Latina apertamente schierato con la Teologia della liberazione è stato eletto cardinale da Wojtyla. Non solo: il papa ha portato nella curia romana prelati latinoamericani accaniti avversari della Teologia della liberazione e, spesso, pure non troppo coperti amici di dittatori.


Eppure di politica Giovanni Paolo II ne ha fatta. Ha contribuito a finanziare un sindacato polacco, Solidarność, nato nel settembre 1980 in seguito agli scioperi nei cantieri navali di Danzica e diretto da Lech Wałęsa. Solidarność si imporrà negli anni come il movimento di matrice cattolica e anticomunista fortemente avverso al governo centrale polacco. La battaglia contro il regime comunista era perfettamente in sintonia con la tenace campagna di Wojtyla in difesa del cristianesimo. Una battaglia per la quale ogni mezzo è lecito, anche il più spregiudicato.



La vicenda Solidarność apre un’altra zona d’ombra del pontificato.

Chi finanziava il movimento?

Tra i principali sponsor c’era lo Ior, la banca vaticana diretta all’epoca da un vescovo americano spregiudicato: Paul Casimir Marcinkus.

Incrociare Marcinkus è come avviare un film che racconta un pezzo importante di storia criminale d’Italia. Con tutti i suoi protagonisti.

Sindona, Calvi, Licio Gelli e la P2, Umberto Ortolani, la mafia e Pippo Calò, Flavio Carboni, cardinali senza scrupoli, esponenti di spicco dell’Opus Dei e lotte di potere interne al Vaticano.

Sul pontificato di Giovanni Paolo II incombe un’ombra nera. I giudici italiani che si occupavano del processo per il crac del Banco ambrosiano di Roberto Calvi, trovato morto a Londra sotto il ponte dei Frati neri il 18 giugno 1982, erano giunti alla conclusione che monsignor Marcinkus, come presidente dello Ior, aveva gravissime responsabilità nella vicenda.

Per questa ragione dalla Città del Vaticano doveva essere estradato in Italia per essere interrogato.


La richiesta ufficiale fu inviata alla Città del Vaticano. Marcinkus, presentandosi davanti ai giudici, poteva dimostrare limpidamente la sua innocenza e l’infondatezza delle accuse addebitategli. Ma la linea difensiva della Santa sede fu un’altra. Non si interessò di accertare se le accuse a Marcinkus fossero fondate, ma respinse, semplicemente perché contrarie ai Patti Lateranensi, le richieste della magistratura italiana, poiché queste avrebbero interferito in un ambito, e all’interno di uno Stato, in cui l’Italia non poteva entrare.

Il Vaticano si fa scudo della sua extraterritorialità.

La domanda che resta non e tanto quella relativa alle responsabilità giudiziarie. Piuttosto è un’altra: Giovanni Paolo II favori l’accertamento della verità sul caso Ior?

Secondo Franzoni, la risposta e negativa.


Per comprendere appieno le responsabilità del Vaticano nella vicenda del Banco ambrosiano e utile ricordare una lettera drammatica scritta dal banchiere Roberto Calvi il 5 giugno 1982 e indirizzata proprio a Giovanni Paolo II. La lettera viene resa pubblica dal figlio di Calvi che da anni si batte per far emergere la verità.



Queste le parole che scriveva Roberto Calvi a meno di due settimane dalla sua morte: Santità, sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonché delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior; sono stato io che su preciso incarico di suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti paesi e associazioni politico-religiose dell’Est e dell’Ovest; sono stato io che di concerto con autorità vaticane, ho coordinato in tutto il Centro e Sudamerica la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l’espandersi di ideologie filomarxiste, e sono io infine che oggi vengo tradito e abbandonato proprio da queste stesse autorità a cui ho rivolto sempre il massimo rispetto e obbedienza.


Già nel giorno dell’annuncio della beatificazione, molti sono stati coloro che hanno criticato la scelta denunciando le responsabilità di Wojtyla nel coprire religiosi colpevoli di abusi. E una delusione per noi, in quanto vittime di sevizie da parte dei preti, sapere che non sono state analizzate tutte le prove che testimoniano come Karol Wojtyla era al corrente di questi crimini denuncia Joaquin Aguilar Mendez, portavoce della Rete dei sopravvissuti alle sevizie sessuali inflitte da alcuni preti. Alla base della protesta c’e la convinzione che Giovanni Paolo II fosse al corrente delle sevizie, ma abbia chiuso gli occhi per non sporcare l’onore della Chiesa romana. Secondo Mendez, che da bambino e stato vittima di un prete pedofilo, la beatificazione di Wojtyla indica che la Chiesa cattolica vuole lavarsi le mani al più presto dello scandalo della pedofilia.

Non è possibile che Wojtyla non sia stato al corrente del caso di padre Marcial Maciel, uomo di primo piano durante il suo pontificato ha aggiunto Mendez. Maciel, il fondatore dell’ordine dei Legionari di Cristo morto nel 2008, all’età di ottantasette anni, ha avuto una figlia da una relazione clandestina ed è stato accusato di aver compiuto sevizie sessuali su otto ex seminaristi. Nel 2006 e stato sottoposto dal Vaticano a restrizioni al suo ministero religioso. Ma non risultano mai arrivate denunce alla magistratura, dunque la Chiesa ha ritenuto l’abuso sessuale su minori un fatto interno e non un reato da denunciare pubblicamente.


E' pur vero che carte importanti che testimoniano il lungo duello tra Karol Wojtyla e i servizi segreti polacchi sono oggi a conoscenza degli storici. Preti infiltrati, cimici e pedinamenti per indebolire un uomo di fede che risultava scomodo al regime già prima di diventare papa. Woytjla è perseguitato almeno fino fino al 1978, questa parte della sua vita è fondamentale per capire le ragioni che portarono nei primi anni Ottanta Giovanni Paolo II a finanziare Solidarność con soldi dello Ior, probabilmente frutto anche di riciclaggio di denaro sporco, soldi della mafia.


Un fiume di soldi, spesso di provenienza misteriosa, attraversano paradisi fiscali e finiscono quasi per magia a finanziare gruppi come Soldarność e altri movimenti di resistenza al comunismo, e questo nulla ha a che spartire con la fede e le beatitudini.


il pontificato di Giovanni Paolo II ha ostacolato il cristianesimo del dissenso, i teologi della liberazione, la fede vista anche come impegno civile. Decine di attacchi contro singoli religiosi e contro movimenti cristiani duramente osteggiati e repressi in nome di un conservatorismo che invece ha portato al conferimento della prelatura personale all’Opus Dei di Josemaria Escriva de Balaguer. Riconoscimento che è arrivato proprio grazie a Giovanni Paolo II.


Lucio Galluzzi

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BASTA CON I BASTA: CI VUOLE LA RIVOLUZIONE

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico

ma nazione vivente, ma nazione europea:

e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,

governanti impiegati di agrari, prefetti codini,

avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,

funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,

una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!

Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci

pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,

tra case coloniali scrostate ormai come chiese.

Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,

proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.

E solo perché sei cattolica, non puoi pensare

che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.

Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

Pier Paolo Pasolini - Alla mia mazione



Bastardi, ladri, farabutti.

Onorati da un popolo coglione.

Non basta più dire: basta, non ce la facciamo più, dobbiamo dare un taglio netto.

Bisogna reagire.

Non bisogna più dire basta. Ormai lo si ripete fino alla noia.

Lo si ripete tra l'indifferenza generale.

E il potere se la ride, sa che il popolino non da retta ai profeti e ai giusti.

Il popolino è una massa di rimbambiti, al servizio di banditi che si rinnovano il vestito secondo le occasioni più propizie [e di cerimonie anche religiose].

E questi banditi onorati dal popolino che li vedi divertirsi in Parlamento, dietro l'apparenza di una dialettica che fa parte del gioco perverso di chi se ne frega del bene comune.

La dialettica per coprire meglio il culo sporco di questi svergognati, si riduce a rissa o litigio, che non va oltre il tempo stabilito dall'opportunismo. La chiamano maturità democratica.

Mi sto chiedendo: questi nostri parlamentari, di destra e di sinistra, hanno almeno un po' di tempo per badare al bene comune del Paese?

Come fanno se il tempo se lo passano nelle feste da bar dei circoli di partito ad ubriacarsi, o in TV a dire cazzate e lanciarsi accuse dietro alle quali c'è solo qualche rivincita per qualche sconfitta subita?

O per aumentare il consenso sempre in bilico?

Per il malumore di un popolo che si barcamena tra l'ignoranza e la cecità?

E tutto ciò voi la chiamate "politica"?

Parlano di riforme e le riforme non vengono mai; solo qualche briciola che cade subito per terra e i cani raccolgono, sfamandosi per quell'attimo di godimento che è a loro concesso.

Parlano di riforme istituzionali e la parola "istituzionale" esce da una bocca piena di odio razziale o di livore verso la Giustizia schiacciata a tal punto da diventare anche lo zimbello dei nostri ragazzi.

Questi politici che non sanno cos'è il bene comune, stanno portando il Paese verso la vera anarchia, la cui essenza è la perdita di ogni senso democratico; e poi chiamano anarchici coloro che ribellandosi ad un potere corrotto e corruttore, vorrebbero ripristinare la vera democrazia; che poi consiste nel dare al Paese una forte coscienza civica.

Ma oggi è possibile dare credito a partiti come la destra berlusconiana o la lega di Bossi & Co., che hanno della democrazia un concetto distorto, per non dire perverso?

Uno si compra la villa al mare o in montagna, l'altro in centro Roma, un altro si compra la Ferrari o si prende cento escort… poi li vedi in TV o in Parlamento a parlare agli operai o a discutere delle fasce più deboli, da proteggere.




C'è gente che fatica a sopravvivere, si sono operai disperati per la precarietà del lavoro o perché disoccupati, c'è chi non ha un'adeguata assistenza sanitaria…

Ed eccoli questi bastardi che fanno le ferie quando vogliono, se lo possono permettere con il super stipendio statale che hanno: a spese nostre.

Litigano, si spartiscono il potere, fanno finta di volerci bene, se la spassano, hanno un grosso conto in banca e vengono a parlarci di riforme?

Mettiti il federalismo nel culo!

Bastardo!

Lasciano morire di crepacuore gli operai o di malattie contratte sul lavoro, e loro tutti i giorni riempiono pagine e pagine di gossip, catturando la curiosità di milioni di coglioni italiani, mentre la democrazia è fatta a pezzi.

E muore la speranza di un futuro diverso per i nostri ragazzi.

Berlusconi, Bossi & Co.: siete già maledetti dalla vostra malvagità, dalla vostra demenza; siate maledetti figli di un'orgia demoniaca.

Fate schifo.

Letteralmente schifo.

Come anche coloro che vi sostengono: ottusi che prendono per prato verde una distesa di sabbia, infuocata dal sole dell'imminente vendetta umana.

Quando penso al genio dell'Italia e lo paragono ai pezzi di merda che hanno preso in mano la cultura, l'arte, la politica, la religione dei nostri tempi, non mi resta che tirar fuori le armi migliori e scaricarle con tutta la forza possibile sulla classe dirigente che non merita più alcuna compassione.

Sì, non basta più dire basta.





Ci vuole una rivoluzione che scuota le coscienze e sotterri per sempre questi bastardi, figli di una corruzione e di una demenza politica che si sta ormai attirando l'ira anche della natura.

Rivoluzione in nome di quel Cristo che già una volta si è scagliato contro i mercanti del tempio e che ora è pronto a distruggere il Parlamento italiano e il Vaticano.

E' pronto.

Ma aspetta che si muova almeno una foglia.

Ciao.


Don Giorgio De Capitani


***

Lucio Galluzzi

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domenica 24 aprile 2011

L'ITALIA E' LA NIPOTE DI MUBARAK ED E' FONDATA SULLA SOCIETA' DELLO SPETTACOLO


LA DISTRAZIONE DI MASSA E' ESERCITATA DAI MORTI

E' domenica di Pasqua oggi.

I morti normali non risorgono.

In una bara Vittorio aspetta il suo funerale, oggi pomeriggio.

Dopo l'indignazione per il suo rapimento e assassinio, come al solito, è sceso il silenzio.

Non fa più notizia quel morto.

Altri cadaveri vengono alla luce.

In una pineta una donna ritrovata trafitta da una quarantina di coltellate.

La gola squarciata, una siringa infilata in quell'apertura, tra il collo e il torace.

Ha una svastica incisa sulle carni.

Assomigliava ad una ragazza ammazzata poco tempo fa sempre nello stesso posto.

Si tratterebbe di un serial killer con ritualistica complessa e mosso da ira pesante.

Le telecamere del TG4 vanno sul posto, la "giornalista" è molto interessata al sangue.



Si chiede perché ci sia solo una pozza rossa sul luogo del ritrovamento e non invece molto più liquido ematico.

Inquadrano quella pozza rosso cupa tra l'erba secca, si vede già bene, ma alla troupe non basta.

Indugiano e stringono il campo.

Ora è a tutto schermo quella cosa terribile. L'inquadratura dura trenta secondi.

L'ultimo sangue della vittima.

La sua anima mollata lì e non cancellata da alcuna piètas, perché lo spettacolo abbisogna di quelle morti.

E poi le illazioni.

Inviate che si improvvisano antropologhe forensi, Lamberto Sposini uno psichiatra del crimine rituale, la moglie di Rutelli tra un richiamo al rispetto della vittima e deduzioni macabre che le dovrebbero far guadagnare il premio "a cena da Lecter", il suo compagno di sventura, sempre accanto a lei per contratto, Don Meluzzi, ex psicanalista pregante dell'Isola dei Famosi, illumina con citazioni dal catechismo macabro condite da mistica hard discount.

Picozzi non è d'accordo, Mara Venier rediviva dopo aver fatto ballare le prorompenti tette saltellando festosa per l'allegria pasquale, cambia registro e tono di voce, fa l'addolorata in mestizia: "se la precedente vittima aveva una vita ambigua e doppia, questa ragazza invece, e dobbiamo sottolinearlo, ripeto: dobbiamo sottolinearlo, conduceva un'esistenza irreprensibile".

Ma il clone di "Chi l'ha visto?", voluto da Mediaset, scopre che quella martoriata irreprensibile aveva una sim telefonica segreta, nascosta in casa, e "chissà per cosa la adoperava!".

Palleggiamenti necrofili rilanciati da uno studio all'altro: dall'Arena di Giletti, al talk scem di Brachino la domenica pomeriggio, dall'Italia e Pomeriggio sul Due all'inguardabile Porca a Porca, giù sempre più in basso fino a Mattino Cinque dove pure Olindo Sallusti si veste da profiler.

Onnipresente il generale ex capitano dei RIS Luciano Garofano, che va dappertutto: ha un contratto televisivo aperto, polivalente, super partes che gli consente di essere sia alla Rai che a Madiaset.

Pure i cani molecolari sono invitati per dire la loro.

Io ho pensato seriamente: se ritrovassero me, buttato in un rigagnolo delle campagne marchigiane, cadavere, ammazzato da uno dei tanti pazzi che girano, la mia memoria sarebbe stuprata da tutti questi sciacalli?

Verrebbero a casa mia a rovistare nei cassetti, spierebbero nel mio pc, chiederebbero di me a questi odiosissimi vicini che ho?

Mi sezionerebbero pezzo a pezzo lentamente buttandomi in pasto agli onanisti spettatori feticisti dei feretri e pure Sgarbi si spremerebbe le carotidi per dire la sua?

Certamente sì, pure se io non voglio.

Preferirei di certo crepare in zone con sciacalli veri, quelli che non lasciano più traccia del corpo, animali sì, ma di certo più rispettabili nel loro ruolo biologico di quelli finti con cravatta e foulard d'Hermes.

Sparire completamente, almeno ti danno per "allontanato volontario" e i pirla non si beccano i gettoni di presenza lucrando sui dolori veri.

Non c'è autorità che li blocchi e metta fine a certe trasmissioni nefaste.

La morte violenta è trendy, fa business, aumenta gli introiti pubblicitari.

La gente la vuole.

Il sangue disseta sempre di più gli svuotati da tutto.

E' la società dello spettacolo che si adegua alla "cultura" disseminata dal regime: il potere somministra morfine mediatiche perché alienare le coscienze dal vero reale è il primo comandamento delle basi nazionalpopolari.

Il regime che bassamente impera in Italia è impegnato da anni a coprire la vita privata, le telefonate, i reati, le riprovevoli scelte di un premier che occupa illegalmente la carica, perché per i conflitti di interesse che aveva, ed ha, non poteva candidarsi e quindi essere eletto.




Fanno leggi blindate perché la Magistratura non possa usare intercettazioni ambientali e telefoniche di Sua Signoria, sollevano conflitti d'attribuzione per tutelare puttanieri, ladri di Stato, golpisti e mitomani psichiatrici, confondono le acque sempre di più sostituendo i veri problemi con distrazioni studiate a tavolino.

Si rivolgono alle "autorità" garanti, che garantiscono solo loro stessi, per bloccare qualsiasi approfondimento televisivo o di giornalismo vero che faccia conoscere verità incontrovertibili sul loro operato "ad personam".

Telefonano in diretta per insultare conduttori, ordinare il da farsi e minacciare.

Allora, appunto, popolano l'etere e la carta igienica stampata, visto che le possiedono tutte e due, di cronaca nerissima, ragazzine violate e "marchiate", corpi sezionati, satanismi presunti, Azuz che piange sulla tomba dei suoi morti ed è sempre un bell'uomo alla moda, Olindo e Rosa che forse sono innocenti e fanno tanta tristezza, tracce di sperma di due uomini sul materasso nel sottotetto della Trinità, ma anche in uno strofinaccio trovato nei locali ricreativi della chiesa e chi era quello "zozzone, schifoso che si puliva proprio lì?"

Ma sì, tanto riformeranno l'articolo 1 della costituzione: "L'Italia è la nipote di Mubarak ed è fondata sulla Società dello Spettacolo".


Lucio Galluzzi

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