COME CACCIARE UN DITTATORE IN 28 GIORNI
IMPARIAMO ANCHE NOI

Si prende un dittatore al potere impresentabile che per 23 anni depreda tutte le ricchezze del suo Paese, si aggiunge la moglie assetata pure lei di lusso, super ville e bella vita che in barba al suo popolo affamato e nella miseria vive come un'imperatrice tra piscine, banche di proprietà, parchi all'inglese, tenute da mille e una notte; a loro due si devono per forza aggregare fratelli di sangue e non, cognati e cugini, appartenenti al clan famigliare vuoi per discendenza musulmana o per amicizia politica, tutti sistemati come principi, in case da nababbi, soldi a palate, imperi immobiliari.
Mettiamoci pure i ministri e i lustrascarpe del tiranno che di certo non possono sfigurare accanto a lui, per loro valgono gli stessi privilegi e sistemazioni sociali: si ruba al popolo per dimore con marmi rosa di Carrara e bagni dalle rubinetterie d'oro, per viaggiare con aerei privati ed essere intoccabili.
Diciamo anche che Craxi e Andreotti e il governo italiano di allora stimarono ed aiutarono politicamente il dittatore, fornendogli la patente di amico gradito all'Occidente; chiediamoci anche perché quel ladrone italiano scappò a gambe levate proprio ad Hammamet, dal suo amico tiranno Ben Ali lì ci restò per evitare processi e prigioni in Italia, fino alla morte.
Proviamo pure a ricordare il tesoro che Craxi aveva stipato in Italia, mostrato pezzo per pezzo dai documentari dell'epoca: pure lui ruba e prendi a mani larghe tipo ruspa dal suo Paese in crisi economica e tangentopoli da sempre.
Cacciato quel Craxi con lancio di monetine, protetto perché rischiava il linciaggio.
Finali comuni avvicinano tiranni e capi di governo ladri di stato.
Anche se poi dopo anni qualche sindaca italiana o nostalgico del Bottino vogliono intitolare piazze, viali o corsi al lestofante, la Storia non si cambia, la memoria resta.
Non ci si può dimenticare neppure dell'amicizia in mutuo soccorso tra il Craxi premier di allora e il Berlusconi futuro premier di oggi; e siccome pure il Bettino era di certo la Caritas aiutò e non poco il Silvio piccolo a diventare grande, con leggi ad hoc che spianassero la strada all'impero televisivo del Cavaliere e alla sua carriera di super ricco.
Oggi, memore della sozza lezione avuta, pure Berlussonini dice d'essere la Caritas: aiuta per esempio minorenni prostitute a togliersi dalla scuola e mettersi sulla strada smarchettando per ricchi.
Ora però mettiamoci il popolo, quello tunisino.
Affamato, nella miseria di tutto, senza libertà di stampa e di parola, con un tasso di disoccupazione che non è possibile conoscere perché i giovani scappano per emigrare da noi, e noi li respingiamo, quando ritornano nel Paese sono puniti con la galera perché "hanno fatto fare brutta figura al tiranno", senza case ad edilizia popolare, con un esecutivo corrotto e sanguinario, inflazione alle stelle…
Improvvisamente, per speculazioni interne, aumentano i beni di prima necessità: farina, latte, zucchero, riso, uova, olio...
Aumentano pure del 50%, la gente che già non poteva neppure quasi più mangiare ora non lo può più fare davvero.
Qualche ambulante si vede la merce sequestrata dalla polizia di Ben Ali, forse la sua famiglia doveva fare colazione, e proprio due di quegli ambulanti per protesta si danno fuoco: uno a Natale e l'altro pochi giorni fa.
E' la goccia che fa traboccare il vaso stracolmo di lacrime, dolore e disperazione e vite negate.
Come per Ian Palack torcia umana contro l'invasore sovietico a Praga, la gente scende per strada, ma la gente tutta, e non rientra in casa.
Piazze e strade sono piene.
Chi protesta, tutti, sanno benissimo di rischiare la vita, ma hanno più nulla da perdere e tutto da guadagnare e poi, forse, in una situazione così, morire diventa quasi una liberazione.
Con la gente comune in sciopero ad oltranza ci sono anche gli studenti e i professori, per 28 giorni, senza tregua chiedono le dimissioni del governo e la cacciata del dittatore e della sua famiglia.
Sassaiole, fumogeni, guerriglia, spari ad altezza d'uomo e non si sa ancora quanti morti: di sicuro più di sessanta.
Poi all'improvviso Ammar, il capo generale dell'esercito non ce la fa più a far sparare contro i suoi fratelli, così i soldati ricevono l'ordine di smetterla. Lo fanno.
Ben Ali silura proprio Ammar, per insubordinazione e alto tradimento.
La gente non torna a casa, nonostante il coprifuoco, la minaccia di repressione totale e violenta. Il Paese è fermo, bloccato internet, censura totale per gli organi di informazione, niente immagini e si comincia a temere il peggio.
Il tiranno si permette anche di fare un discorso vergognoso in diretta televisiva. Un appello alla calma a tutta la Tunisia.
Dice di aver capito [dopo 23 anni?], di aver sbagliato, che non lo farà più, promette di ridurre i prezzi immediatamente, di distribuire cibo al popolo, restituire libertà di stampa e riaprire internet… che starà al potere solo [solo?] fino al 2014 e poi non si ripresenterà più.
Ma nessuno ci crede, anzi, quell'appello fa salire ancora di più la protesta.
Poi all'improvviso, l'altro ieri, 14 gennaio, alle ore 17.00 italiane le agenzie cominciano a battere notizie strane.
E' annunciato un comunicato straordinario che sarà trasmetto dalla TV tunisina nel giro di pochi minuti.
All'aeroporto si nota un assembramento di forze dell'ordine in corsa verso un aereo che sta per decollare.
Ben Ali e parte della sua famiglia stanno tentando di scappare.
Una parte dei parenti era fuggito il giorno prima.
L'esercito ha l'ordine di arrestare il tiranno, ma, pare protetto da 007 italiani, riesce a decollare dall'aeroporto di Tunisi.
Quell'aereo gira per tre ore sull'Europa: Malta non lo vuole, Parigi lo dichiara indesiderato, poi un giallo diplomatico a Cagliari: un aereo tunisino chiede di atterrare per rifornimento, si dice che sopra ci siano Ben Ali e la sua famiglia.
Il velivolo si rifornisce e riparte, la polizia di frontiera aeroportuale dice che salita sopra ha visto solo due piloti e una hostess tunisina; ma poco dopo la Reuters informa che Ben Ali è atterrato a Dubai e lì si rifugerà in qualche sua villa da sceicco.
Arriva il comunicato alla TV tunisina: il governo è stato destituito, Ben Ali è fuggito, il potere transitorio è preso in mano da un civile, Mohammed Garrouchi, affiancato da sei "garanti", uno è Ammar, il generale amato dal popolo che ha ordinato di non sparare più sulla gente.
E' coprifuoco, stato di emergenza nazionale, spazio aereo chiuso, un momento delicatissimo.
Il fratello del tiranno e il cognato uccisi e non si sa da chi e come.
Ma la gente è in strada a festeggiare la rivoluzione e la libertà.
Compaiono bandiere con il Che Guevara e Barack Obama, "Yes we can" c'è scritto.
Soldati sui blindati e carri armati stringono le mani alla gente e sorridono insieme.
E' festa grande.
Il popolo prende tutto quello che può e deve dalle residenze principesche del dittatore e della sua famiglia: le ville smontate pezzo per pezzo. In una è rimasto solo il pianoforte perché troppo pesante da portare via.
Assaltate e saccheggiate le banche del cognato del tiranno e di seguito tutti i "simboli" della ricchezza dell'ex dittatura, assaltati gli impermercati e i centri commerciati tutti di proprietà della moglie del dittatore.
"Ci hanno derubati per 23 anni, lasciatecelo fare per un giorno".
La polizia e l'esercito, infatti lascia fare.
Aperte le carceri e liberati i detenuti.
E' davvero festa. Una gioia che non si vedeva più da tempo.
Ora gli analisti politici parlano di possibile effetto domino negli altri Paesi del Mahgreb. Lo spero.
Si dice che il mondo arabo non è pronto per la democrazia.
La Tunisia e l'Algeria stanno dimostrando esattamente il contrario.
Ma si dice anche che gli Italiani non sanno andare a destra senza scegliere il manganello.
L'Italia berlussoniniana dimostra che invece questo è vero.
Da oltre 16 anni siamo tutti sotto sequestro a causa di una banda di incapaci ed impresentabili cialtroni al Governo.
Pure la nostra Repubblica è alla fame e alla disperazione.
Meditate berluscones e fate tesoro della lezione tunisina, perché mi sa che finirete come Ben Ali.
Viva la Libertà!
Lucio Galluzzi
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